Da
mercoledì 8 novembre sino a domenica 12, il Piccolo Eliseo di Via Nazionale in
Roma ospita “Pugni di zolfo”, ispirato da una
poesia di Ignazio Buttitta poeta di Bagheria, scritto, diretto e recitato (in un
siciliano comprensibilissimo) da Maurizio Lombardi. E’ la storia di Vincenzo
Barrisi, un pugile che ha appena finito un match durissimo contro l’americano.
Nel silenzio del suo spogliatoio fischietta una canzone, la ninna nanna di sua
madre e ricorda, ritorna a quando era bambino nella sua Sicilia, un pugno di
terra strappato al sole. La nonna, seduta sotto la veranda con lo sguardo
lontano, fisso, verso le miniere di zolfo; la sua fuga da Picciriddu aiutato
dalla mamma per sottrarsi alla discesa nell’inferno della zolfara dove i
“carusi”, bambini di sette-otto anni, si spezzavano la schiena per portare in
superficie lo zolfo, la nuova “ricchezza” della Sicilia di fine 800.
“Pugni
di Zolfo” è
semplicemente una storia che porta dentro di sé la rabbia di un’infanzia negata
e diventa una fiaba quando racconta di due bambini che immaginano il mare, le
acciughe, tirano i pugni e sognano l’amore che non hanno mai vissuto.
Nello
spettacolo il corpo viene usato come strumento narrativo e la parola si fa
vera, sanguigna, viscerale. La scena, scarna, viene riempita dall’attore, il
quale interpreta più personaggi che trascinano lo spettatore in un viaggio
all’interno di un budello di terra fatto di sangue e fatica.
Formatosi
con Franco Di Francescantonio, con l’Arca Azzurra di Ugo Chiti e con l’attrice
americana Ivana Chubbuck, Maurizio Lombardi è stato definito dalla stampa un autentico mattatore, fisico
agile e sguardo alla Buster Keaton, attore comico e drammatico dallo stile
anglosassone (La Repubblica) e ancora un attore versatile e di talento,
particolarmente capace di tenere la scena da solo con grande trasporto emotivo
del pubblico… un artista sensibile, appassionato, energico e vitale che riesce
con la stessa naturalezza e forza a rappresentare la comicità o il dramma… il
suo uso del corpo come strumento narrativo catturano tenacemente il pubblico
trasportando lo spettatore nella dimensione della storia che di volta in volta
racconta (Corriere Fiorentino).
La
sua forza è il silenzio, la mimica, il linguaggio del corpo: “Uso il corpo per far ridere –
racconta – ho
sviluppato un personale studio sulla fisicità come strumento narrativo. Il mio
è un umorismo che evita la macchietta, la barzelletta, la caricatura. Lo stile
è anglosassone. Parlo dell’incomunicabilità che si ha proprio nell’era della
comunicazione con internet, facebook, i cellulari. Mi diverto a mostrare il
grottesco della moderna famiglia italiana, divisa tra problemi esistenziali e
cultura televisiva. Mostro personaggi assurdi come padri immaturi e nonni che
navigano su internet e sognano i reality show”.
Lo
spettacolo, ospitato al Fringe Festival di Edimburgo nel 2013, ha una durata di
70 minuti per un unico biglietto a 20 euro.
Nessun commento:
Posta un commento