La “Visual Geography” non è un qualcosa che si mangia o che
viene dato in pasto a tutti, è un fenomeno anglosassone di didattica della
Geografia attraverso cui il mero nozionismo geografico lascia spazio ad una
Geografia intesa come scienza di umanizzazione del pianeta Terra, con le
immagini, i video, la visuale paesaggistica, che attestano la sempre più frequente
antropizzazione di un territorio. Già, la Geografia. Materia avversa ad ogni
governo, che sia di destra o sinistra, pronto a ridurne all’osso le ore di
insegnamento (peraltro affidato non ai geografi specializzati con tanto di
corsi di laurea universitari sulle spalle bensì ad altri docenti dalle mille
abilitazioni), per poi fare la strabiliante figuraccia all’Expo di Milano dove i
padiglioni di Emilia Romagna e Toscana hanno visto invertite le rispettive
carte geografiche. Ecco perché la presentazione del libro “Andare per i luoghi
del cinema” (giovedì 23 novembre ore 18 al Teatro Eliseo di Via Nazionale 183 in
Roma), scritto dal giornalista e saggista Oscar Iarussi ed edito da Il Mulino,
fornisce una impronta italocentrica della Visual Geography cinematografica,
attraverso il racconto di dieci «città del cinema» nostrano: Torino col suo
Museo, Milano borghesissima e proletaria sullo schermo, Venezia decadente e
festivaliera, Bologna e la sua Cineteca, Firenze con vista sulla storia, Roma
eterno caos calmo, Napoli da Totò a Gomorra, Palermo gattopardesca e
«paradisiaca», Bari capitale di Lamerica e
Matera della cultura europea nel 2019.
Nel Paese del neorealismo si può scoprire persino un concetto
di “spazio vissuto” con i suoi attori “presi dalla strada” anche per le
produzioni hollywoodiane, da Guerra
e Pace girato in Piemonte alla Passione di Cristo in
Basilicata, all’Inferno nella
Firenze dei nostri giorni. Trame, luoghi, volti e avventure produttive con cui
il nostro cinema ha continuato a ispirare generazioni di cineasti e da cui la
Nuova Geografia può prenderne linfa. Sempre, ovviamente, che si torni ad un regime decente di
ore di insegnamento.
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