Come è strano il tennis: all’esordio nel torneo svizzero di
Gstaad aveva subito perso 6/1 dal modesto Gombos e sfiduciato aveva cominciato
il secondo quasi volesse abbandonare la partita e le Alpi svizzere, poi invece è stato un crescendo sino addirittura alla vittoria
finale nel torneo stesso, la quinta in carriera e la 56ma azzurra dall’era
open. Fabio Fognini è così, croce e delizia, o se volete genio e sregolatezza,
capace di risultare indigesto a Murray e Nadal più volte e di perdere al
contempo con il numero 200. Questa volta invece il ligure ha trovato la
continuità giusta, così al secondo turno ha ripreso in mano il match con lo
slovacco Gombos, nei quarti ha domato un altro “cavallo pazzo” come il lettone “sciupafemmine”
Gulbis e in semifinale ha compiuto il vero miracolo, rimontando uno tosto come
lo spagnolo Bautista-Agut, numero 2 del seeding e 18 del mondo. In finale,
contro il sorprendente carneade tedesco Yannick Hanfmann, n. 170 proveniente
dalle qualificazioni, Fognini ha dato prova di maturità, sfoderando anche l’eccellente
condizione fisica che ha contraddistinto tutta la settimana, come testimoniano i match vinti al terzo set. Ovvio che ciò è frutto della collaborazione
col nuovo coach, l’argentino Franco Davin, mancino maratoneta da fondo campo
degli anni ’80-’90. Ora per l’azzurro, cui questa vittoria ha un sapore
particolare (“E’ la prima da papà”, ha detto a fine gara, in un impeto di
saudade verso la moglie Flavia Pennetta e il loro primogenito Federico),
ricomincia la scalata ai primi 20 del mondo, risultando da oggi numero 26 della
classifica mondiale. Si riparte dal torneo austriaco di Kitzbuhel con la
certezza che la vittoria su Bautista Agut, uno che bazzica anche i primi 15 del
ranking, dà una grande fiducia per centrare l’obiettivo del best ranking dell’azzurro,
numero 13 nel lontano 31 marzo 2014. C’è molta strada da compiere ma ci sono
ancora diversi tornei da disputare e tutto può succedere. Nel bene e nel male.
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