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A cura di ANDREA CURTI

lunedì 12 settembre 2016

TENNIS - Elezioni Federali, quinto mandato per Binaghi: Altro ventennio, ricordando Galgani...

Ci lamentavamo di Paolo Galgani, simpaticissimo avvocato fiorentino che, dopo pochi giorni dalla sua prima elezione, si prese il merito della vittoria della squadra di Coppa Davis nel '76 in Cile. E che durò un ventennio, lasciando l'Italia tennistica del post Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli impoverita nei contenuti tecnici e agonistici, con circoli e giovani sempre più lontani dal tennis. Litigò con tutti Galgani, con giocatori e tecnici, di Coppa Davis e non, anche con giornalisti (ad alcuni bastava ricevere un carnet di biglietti omaggio da ritirare in biglietteria per assuefarne la verve) bravi e meno bravi, giovani e/o vecchi.  E le sue elezioni erano sempre così splendidamente bulgare, come si diceva all'epoca per paragonarle al regime totalitario filocomunista di Zivkov prima e di Mladenov poi, dove non era permessa la controparte, non esisteva e non doveva esistere contraddittorio, ma veniva osannato un solo uomo al comando, un solo condottiero, un solo candidato che si occupava del potere politico-economico dello Stato. Ci lamentavamo di Galgani insomma ma le cose, concettualmente parlando e anche in termini temporali  (sempre di ventennio si tratta) non sono cambiate granché. Perché l'ingegner Binaghi, al suo primo mandato in quel di Fiuggi, spalleggiato da Panatta e Ricci Bitti poi fatti fuori (politicamente), dichiarò che la sua presidenza non sarebbe durata più di due mandati. E siamo al quinto, tradendo le sue stesse parole piene di buoni propositi. Ma questa è l'Italia e i presidenti di Federazione sono dei piccoli ministri politicanti di quella macchina politico-economico-sportiva chiamata Coni (e voluta così da Mussolini che ne deteneva direttamente il controllo). Perché Binaghi si è accollato meriti non propriamente suoi, dal momento che le giocatrici che hanno dato lustro all'Italia tennistica si sono allenate con tecnici e su club tennistici spagnoli. Perché dell'enorme buco in termini di ricambio generazionale che si è creato ora sia nel femminile che nel maschile, cullandosi sugli allori delle vittorie di Schiavone, Pennetta, Vinci e Errani e sui lampi del solito incostante Fognini e addirittura del fu Quinzi (Wimbledon junior e il Bonfiglio) che ha cambiato più allenatori che fidanzate, ovviamente non se ne può e deve parlare ad una assemblea bulgara. O meglio tutto va bene, tutto migliorerà. Anche senza una progettazione, senza un "piano industriale" di reclutamento, in perfetto stile galganiano. I soldi ci sono ma non si sa che farne ("la verità è che ne abbiamo talmente tanti che non so dove metterli", avrebbe detto Binaghi in conferenza stampa), e pensare di investire tutto o buona parte di essi sul canale in chiaro non è ragionevole. Noi da sempre siamo favorevoli a Supertennis e alla sua funzione divulgativa della disciplina sportiva (gli onesti che pagano il canone hanno diritto anche a vedere matches di tennis), però è pur vero che spesso statistiche e dati a confronto che ci vengono forniti sono poco chiari e che la programmazione dello stesso Supertennis lascia un po’ a desiderare, specie nei periodi “morti”, quando passano delle (francamente) inutili partite di un primo turno qualsiasi di un torneo femminile qualsiasi (ripetuto peraltro più volte nell’arco della giornata).  Meglio far vedere le storiche partite di Panatta e degli altri moschettieri. Ma poi forse si oscurerebbe troppo la “buona luce delle stelle” abbagliate dal ventennio Binagli.

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