Martedì
prossimo, 28 aprile, alle ore 20.30, al Teatro Quirinetta di via Marco Minghetti 5 in
Roma, andrà in scena lo spettacolo “Aminta, di Torquato Tasso”, adattamento e regia di Sergio Basile, all'interno della rassegna teatrale "Il mistero
della mente", festival di Teatro
Sociale e delle Diversità, e con Benedetta Corà, Paola Cultrera, Lorenzo
Garufo, Teo Guarini, Fabrizio Milano, Stefano Patti, Giulia Pera (direzione
tecnica di Edoardo Basile).
Spiega il regista: “Per aver gridato frasi ingiuriose contro il duca di
Ferrara, l’11 marzo 1579 Torquato Tasso fu internato nel manicomio di
Sant’Anna. Recluso nel reparto riservato ai pazzi furiosi e trattato come
frenetico, vi rimase per sette anni, tre dei quali in assoluto isolamento, a
volte persino alla catena. La follia del Tasso diverrà oggetto di secolari
discussioni: la sua fu vera pazzia o un’amletica forma di mascheratura che il
poeta stesso assunse per non rivelare qualcosa di inconfessabile e che aveva a
che fare con la sfera dell’eros e del sesso? Fatto sta che, dopo quell’isolamento,
Tasso si smarrisce come persona per consegnarsi definitivamente alla storia
come personaggio. Ed è come personaggio che vediamo il Tasso in questa nostra
messinscena dell’Aminta. Ormai il dramma bucolico pastorale, dove si narrano
gli amori a lieto fine tra ninfe e pastori, scritto in uno degli ultimi momenti
felici della sua vita, è solo una vaghissima, lontana memoria, una memoria
corrotta dal dolore e dall’esaltazione. La favola pastorale si è spezzata in
frammenti, brandelli, ripetizioni, ossessioni, smarrendo per sempre l’olimpico
ordine compositivo – perfetto!- con cui era stata scritta. Un’Aminta immaginata
e rivista da Tasso all’interno dell’universo manicomiale in cui è precipitato,
fatto di sopraffazione e violenza; dove gli altri frenetici (come lui stesso è
considerato) assumono nella sua mente allucinata i ruoli di Aminta e Silvia e
Dafne, e dove lui stesso s’immagina come Tirsi, l’amante deluso e sfortunato,
che solo nella poesia ha trovato rifugio al suo dolore. Tasso riconosce i personaggi
del dramma pastorale nei reclusi che presentano curiose similitudini
psicologiche (e patologiche…) con gli originali; li riconosce in Veronica,
Alighiero, Adalgisa, povere anime devastate dalla follia e mette in scena il
suo personalissimo ed immaginario teatro, la sua impossibile rappresentazione”.
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