Il modulo di “Geografia del
Calcio Sostenibile”, inserito all’interno delle “Altre Attività Formative” è
rivolto agli studenti universitari del corso di Laurea Triennale in “Geografia”
e Laurea Magistrale in “Gestione e valorizzazione del Territorio” (Facoltà di
Lettere e Filosofia, Università La Sapienza di Roma) fornendo loro, a fine
lezioni, un credito formativo. Le lezioni (cinque più una discussione sulla relazione
finale che ogni candidato sarà chiamato a produrre) inizieranno venerdì 23
gennaio 2015 alle ore 15 e si articolano sul seguente programma:
PRIMA PARTE - Introduzione ai paradigmi geo-sportivi (metà
Ottocento-oggi); i fenomeni geografici connessi al football, tra cui flussi
migratori in uscita e in entrata, trasformazioni socio-sportive e l’interazione
uomo-territorio.
SECONDA PARTE – Principali concetti di sostenibilità ambientale;
esempi di stadi sostenibili; le Olimpiadi di Pechino 2008 e Londra 2012, come sono
cambiate le metropoli per eventi sportivi di portata globale; i Paesi del Brics
e lo sport tra geopolitica e investimenti infrastrutturali ed economici;
panoramica su Russia 2018 e Qatar 2022.
Che cosa significa “fare”
geografia del calcio, didatticamente parlando? Di certo non la collocazione
geografica della squadra dell’Atalanta a Bergamo, o della Sampdoria a
Genova, e via dicendo. Ciò appartiene ad una sorpassata metodologia del “fare
geografico”. Partendo dal presupposto che il
calcio è un fenomeno complesso che investe tanti aspetti della nostra vita
quotidiana (culturali, sociali, storici, demografici, antropologici,
economici), va sottolineato come tali aspetti fanno sì che la Geografia, per la
sua fondamentale caratteristica di interdisciplinarità, trovi tutta una serie
di agganci scientifici attraverso quei fenomeni geografici strettamente
correlati al calcio.
Quindi studiare “Geografia
del calcio” significa approfondire, ricercare tutti i fenomeni geografici
connessi al football. Tali fenomeni possono essere ricondotti a: i flussi
migratori, in entrata e in uscita, non solo di giocatori, tecnici e “addetti ai
lavori” in generale, ma anche con riferimento alle grandi migrazioni di nostri
connazionali (da metà dell’Ottocento a prima della Seconda Guerra Mondiale) che
hanno finito per incidere sulle nascite di squadre all’estero segnando
profondamente l’impronta italiana sul territorio di arrivo (pensiamo, ad esempio,
al Sud America, Buenos Aires, Montevideo e San Paolo); l’interazione
uomo-territorio, con l’impatto che uno stadio di calcio (massima espressione
antropica) ha sull’area di riferimento, non soltanto come impatto ambientale ma
anche come socialità, come punto d’incontro di una comunità facente parte di
uno specifico territorio che ne registra le conseguenti trasformazioni
socio-spaziali (è una delle nuove branche della Geografia, la Geografia
Sociale); il cambiamento dell’assetto urbanistico sia della zona interessata
sia della città che ospita la struttura sportiva, con la costruzione, tra
l’altro, delle nuove reti di comunicazione (autostrade, metropolitane, mezzi di
trasporto, ecc.) che avvicinano tale struttura al centro cittadino in un
contesto di continuum urbanizzato; la
globalizzazione che vede il calcio quale fenomeno a scala globale, tanto che gli
Stati membri della FIFA risultano addirittura superiori a quelli dell’ONU (207
contro 191), con un indotto economico rilevante, come testimonia il 3,7% del
PIL dell’Unione Europea e l’occupazione per oltre 15 milioni di persone all’interno
del comparto sport, dove il calcio ha la predominanza assoluta; elementi di
geopolitica che vedono il calcio sconvolgere le mappe geografiche, tanto che la
Scozia, le Isole Far Oer e l’Irlanda del Nord hanno una propria nazionale pur
non essendo nazioni indipendenti, l’Australia (geograficamente in Oceania) è collocata
nei gironi di qualificazione dell’Asia, così come le squadre di club di Israele
e Turchia sono ammesse direttamente nelle competizioni europee pur non facendo
parte del Vecchio continente.
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